Report dell’incontro del comitato nazionale StopOPG con i magistrati di sorveglianza. Tribunale di Bologna, 1 ottobre 2012
- È stato un incontro importante, innanzitutto perché ha permesso di mettere a confronto sulla “questione OPG” persone con esperienze e ruoli molto diversi. Erano infatti presenti: rappresentanti della “società civile”(sindacato e associazioni del comitato stopOpg), operatori dei servizi di salute mentale, dell’Opg stesso, dell’amministrazione regionale, il Presidente Francesco Maisto e Magistrati di sorveglianza, esperti del tribunale di sorveglianza, garanti dei detenuti. Questa è un indicazione anche per l’attività di stopOPG nelle singole regioni.
- E’ stato fatto, seppur sommariamente, il punto sul processo di superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, con particolare riferimento all’attuazione dell’articolo 3 ter della legge 9/2012. Si sono evidenziati i ritardi e i rischi concreti di re-istituzionalizzazione manicomiale, dovuti anche ad un applicazione “riduttiva” delle norme: Governo e Regioni stanno organizzandosi per l’apertura di “strutture speciali” dove eseguire la misura di sicurezza (emblematica e preoccupante la scelta delle Marche), invece che per progetti terapeutico riabilitativi individuali per dimettere gli internati. Prova ne sia che non vengono richiesti al Governo dalle Regioni (né reclamati dai DSM!) i finanziamenti speciali e aggiuntivi (38 milioni nel 2012 e 55 milioni dal 2013) che proprio la legge 9/2012 dispone per assicurare l’assistenza alternativa all’OPG, a partire dai cosiddetti “dimissibili”. Rischia così di decadere, nella concreta pratica, l’indicazione delle sentenze della Corte Costituzionale del 2003 e 2004 sulla possibilità (necessità) di svolgere la stessa misura di sicurezza “fuori” dall’OPG, con soluzioni più appropriate, per rispondere al bisogno di cura delle persone malate. Opinione di molti è che il termine ultimo per la chiusura degli OPG (marzo 2013) non sarà rispettato e verrà disposta una proroga.
- Si è parlato anche del ruolo del Ministero della Giustizia, in particolare del Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria DAP. E’ stato posto un problema: se e come sia possibile per il DAP disporre “d’ufficio” la chiusura anche di un OPG e il trasferimento delle persone internate nella regione di appartenenza. Ciò magari concordando un’azione combinata con una regione sede di OPG (es. Emilia Romagna o Toscana). Si è detto che, oltre al mandato e all’organizzazione, anche “le forme architettoniche” delle strutture ne rivelano la “natura” (di luoghi di cura o di repressione …).
- Si è parlato se e come affrontare alla radice la questione OPG: e cioè della modifica degli articoli del codice penale, senza la quale gli OPG (vecchi o nuovi) saranno inevitabilmente alimentati da nuovi ingressi. Si tratta di quegli articoli sopravvissuti del codice Rocco che, associando “follia” (incapacità di intendere e di volere) a “pericolosità sociale”, hanno mantenuto in vita l’istituzione manicomiale e dunque un canale “parallelo e speciale” riservato ai malati di mente.
- Si è parlato del fatto che ogni struttura di reclusione e custodia (dall’Opg al carcere, come era per i manicomi) è inadatta alla cura, e di come sia possibile conciliare il diritto alla salute e alla cura della persona con il dovere di eseguire la pena secondo giustizia.
- Si è parlato del ruolo centrale che i magistrati di sorveglianza hanno in relazione all'applicazione della misura di sicurezza detentiva in Opg, alla sua revoca o proroga. Del fatto che egli deve agire entro il ruolo che la legge gli affida. Si sono manifestate le difficoltà a prevenire o a revocare l’internamento. Difficoltà enormi, certo legate alle norme vigenti, in base alle quali il magistrato - supportato da periti - dichiara se sussiste o meno “l’incapacità di intendere e di volere” e/o “la pericolosità sociale”. Qualcuno, soprattutto del comitato stopOpg, ha affermato che l’associazione “follia - pericolosità sociale” è frutto di uno stigma privo di ogni fondamento scientifico.
- Si è parlato dei determinanti che influenzano – determinano - mantengono il giudizio di pericolosità. E si è detto che le difficoltà (anche per la magistratura di sorveglianza più impegnata nell’evitare il mantenimento o la proroga del ricovero in Opg) si aggravano se manca la presa in carico delle persone internate da parte dei Dipartimenti di Salute Mentale (e dei servizi sociali dei comuni) e la presentazione di progetti di cura e riabilitazione individuale. L’esistenza dei quali è spesso decisiva per motivare la “cessata pericolosità sociale”, che permette la dimissione o l’esecuzione della misura fuori dall’OPG.
- Si è parlato delle forme di questa collaborazione tra la magistratura di sorveglianza e il “sistema del welfare locale” (gli operatori del DSM, dei servizi sociali dei comuni, della Regione, del Terzo settore, anche in base all’esperienza in atto in Emilia Romagna. E di come potrebbe diventare esplicita e organizzata.
- A questo proposito, è stata ripresa una riflessione del Presidente Maisto (frutto di un lavoro avviato in Emilia Romagna) circa la possibilità di costruire “protocolli operativi” per il rapporto tra magistratura di sorveglianza e servizi del welfare (Asl/Dsm, Comuni Regione, Opg stesso ecc). Su obbiettivi analoghi sta lavorando stopOpg con il gruppo “tutela legale e advocacy” e pertanto saranno organizzati gli opportuni contatti con la Regione Emilia Romagna e la Magistratura di sorveglianza di Bologna. Si è parlato anche se e come istituire “pool per evitare l’OPG” (magistrati, operatori dei servizi, garanti dei detenuti, ecc) non solo a livello dei singoli DSM, ma anche a livello regionale e nazionale (con esperti che abbiamo maturato una esperienza sul campo).
- E’ stato illustrato, brevemente, il progetto della regione Emilia Romagna circa l’apertura di due “strutture residenziali” (solo di tipo sanitario senza custodia esterna) intermedie tra l’Opg e altre soluzioni terapeutico riabilitative nel territorio (assistenza in comunità, alloggio protetto, domiciliare, ecc), per affrontare i casi “non dimissibili” e preparare le dimissioni. I rappresentati di stopOPG regionale hanno ribadito la necessità di maggiore partecipazione e di un confronto trasparente con l’assessorato alla salute (chiuso l’Opg non si aprano strutture di tipo manicomiale).
Il dibattito, pur breve (meno di tre ore) è stato ricco e intenso, ha evidenziato la complessità e la difficoltà del processo per il superamento (e l’abolizione) dell’OPG.
In fondo l’incontro sarà stato davvero utile se, grazie alle buone pratiche esistenti e ai suggerimenti di chi opera sul campo, riusciremo a fornire indicazioni per una proficua collaborazione tra magistratura, servizi sanitari e sociali, amministrazioni regionali e comunali, società civile. Ciascuno svolgendo il proprio ruolo può aiutare a prevenire, evitare, far cessare l’internamento in OPG. Cioè a far rispettare i diritti di ogni persona, come prevede la nostra Costituzione.
Questo report non è un verbale fedele della discussione: è un riassunto incompleto e parziale (e inevitabilmente “di parte”) del dibattito.
Alle partecipanti e ai partecipanti all’incontro: se ho taciuto, dimenticato o sottovalutato qualcosa che è stato detto … dite la vostra (che ho detto la mia …).
Stefano Cecconi
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