Molto opportunamente Stefano Cecconi e Denise.Amerini (CGIL), 7/8/2013, e Gian.Luigi Bettoli, (LegacoopFvg), 7/8/2013, prendono posizione contro la proposta della cosiddetta “legge 181” che rappresenta un'ulteriore, significativa manifestazione di disorientamento culturale mentre è in atto un pericoloso processo di controriforma del sistema di tutela della salute mentale nel nostro Paese: lo smantellamento dei servizi territoriali per la presa in carico globale e la inclusione sociale delle persone con soffrernza mentale, la ricostituzione di una neo- manicomialità diffusa attraverso l'offerta prevalente di posti letto nei SPDC e nelle cosiddette “strutture residenziali”, gestite generalmente da privati, nelle quali rsulta spesso difficile riconoscere tracce significative di una qualche pratica riabilitativa e, infine, la paradossale conclusione della pur brillante indagine sugli O.P.G. che ha rappresentato l'occasione per stabilizzare il sistema custodialistico attraverso la costruzione di tanti “graziosi” miniOPG regionali.
Ciò che colpisce, come giustamente osserva Bettoli, è la ipocrita discrepanza fra le accattivanti buone intenzioni in premessa e le condotte reali attraverso le quali si sta compiendo, se non si è già compiuta, questa strisciante riforma. E' proprio questa doppiezza, questa sostanziale disonestà intellettuale che deve essere smascherata e bloccata.
Per ciò che concerne, in particolare, la cosiddetta “legge 181”, l'U.NA.SA.M. non può che ribadire la posizione già espressa alle prime formulazioni di questa equivoca proposta (contemporaneamente alla apparizione dei cosiddetti “UFE”) e, successivamente, al momento della sua presentazione ufficiale nel maggio scorso (vedi “Redattore sociale” 10/5/2013).
Questa proposta tuttavia e l'enfasi che su di essa viene posta anche in ambiti che, pure, dovrebbero essere più avveduti, ci devono spingere ad una ulteriore riflessione su quanto vasta sia ancora l'area dell'ignoranza e del pregiudizio, su quanto sia radicata e su quanto sia importante smontare l'opinione che le insufficienze del nostro sistema di tutela della salute mentale derivino da una carenza legislativa e, in particolare, da una insufficienza della legge 180:
una legge quadro, questa, che in nessun modo detta norme di assistenza sanitaria limitandosi (se vi par poco) a definire norme e procedure di attuazione del Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) in ottemperanza agli articoli 13 (inviolabilità della libertà personale) e 32 (“nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento se non per disposizione di legge”) della Costituzione italiana. Un insieme di norme a garanzia dei diritti fondamentali della persona, che ha rappresentato una grande conquista di civiltà di cui il nostro Paese può andare giustamente fiero. Finora voler modificare questa legge ha significato, nelle intenzioni di chi lo ha proposto, ridurre le garanzie da essa previste facilitando ulteriormente la messa in atto del Trattamento Sanitario Obbligatorio (del quale si abusa ancora oggi nonostante i giusti vincoli imposti dalla legge), prolungandone la durata (vedi proposta Ciccioli) e rendendolo possibile anche presso strutture private.
Invocare una modifica della legge 180 non è soltanto, e in primo luogo, un errore concettuale, ma rappresenta anche un grave rischio in quanto rafforza la tesi di chi vorrebbe cambiarla in realtà per peggiorarla questo rischio diventerebbe reale nel caso in cui la proposta giungesse in Parlamento dove facilmente per essere approvata potrebbe essere oggetto di patteggiamenti e compromessi fra le varie forze politiche.
Fortunatamente tutto ciò non è finora riuscito grazie anche alla presenza e alla costante vigilanza delle associazioni dei familiari e degli utenti.
Non c'è dubbio che, come viene osservato da molti, la vera ed improrogabile necessità oggi non è quella di fare nuove leggi, ma quella di completare la messa i n atto della normativa vigente che regola con estrema determinatezza e pertinenza la materia più strettamente sanitaria (Progetti Obiettivo 1994-1997 ( DPR7/4/94) e 1998-2000 (DPR10/11/99), legge 328/2000, Linee guida Turco, Conferenza Stato-Regioni 2008) e definisce l'organizzazione dei Dipartimenti di Salute Mentale, le finalità e i principi fondamentali della loro attività, gli standard di personale e di strutture necessarie in rapporto alla popolazione ecc.: urge infatti ricostituire le piante organiche dei DSM e restituire loro la funzione di presa in carico globale e di riabilitazione delle persone con sofferenza mentale evitandone la istituzionalizzazione di tipo neo-manicomiale, una deriva che purtroppo si sta propagando; ciò costituisce, prima di tutto, un delitto contro la salute di migliaia e migliaia di giovani,oltre che un sovraccarico economico per la collettività e quindi un ingiustificabile spreco di danaro pubblico.
Contro questa perversa deriva, per l'attuazione delle leggi vigenti e per la difesa dei diritti delle persone con sofferenza mentale, lotta l'Unione Nazionale delle associazioni dei familiari e degli utenti attraverso il confronto e l'interlocuzione costante con le Istituzioni. L'esperienza di questi lunghi anni di lotta sembra suggerirci tuttavia che per fronteggiare questa fase piena di sottili contraddizioni e di pesantissimi rischi occorra una più complessiva riflessione sulle forme di lotta e di aggregazione delle varie componenti movimento e il superamento di schemi e di “liturgie” che sembrano appartenere a un passato ormai remoto.
Girolamo Digilio
Presidente U.NA.SA.M.
10 agosto 2013