Ordinamento Penale

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La tragedia di Rebibbia: non si aggiungano danni alla tragedia provocata da una mamma detenuta

Lettera aperta di volontari, cappellani, operatori del sociale, del mondo del lavoro, della cultura, dello sport, della salute - Roma, 21 settembre 2018 

La tragedia che si è consumata a Rebibbia ci ha lasciati senza fiato. Un dolore e un orrore che ha travolto tutti: i due bambini innanzitutto, quella madre che forse ancora non è consapevole di quello che ha fatto, tutti gli operatori dell’Istituto, le oltre trecento donne lì detenute, le loro famiglie e anche noi volontari, cappellani, operatori del sociale, del mondo del lavoro, della cultura, dello sport, della salute che ogni giorno entriamo in carcere per dare il nostro contributo affinché la pena risponda sempre più alle finalità dettate dalla Costituzione. 

Abbiamo accolto tutto questo dolore in un silenzio rispettoso, vicini alle donne detenute, al loro smarrimento e dolore. Abbiamo cercato di comprendere i tanti tasselli di una vicenda che ha avuto un epilogo così drammatico. 

Conosciamo la complessità del carcere, dei suoi problemi, della sua gestione. Ma conosciamo anche bene l’impegno da sempre profuso dalla Direzione dell’Istituto femminile di Rebibbia per fare del carcere un luogo di reinserimento, di riflessione, di presa di coscienza, di riappacificazioni delle detenute con sé stesse e con le persone che hanno sofferto per le loro colpe, di crescita culturale e molto altro ancora. Sappiamo dell’attenzione con cui le donne sono seguite e ne condividiamo le scelte operative, dell’apertura dell’Istituto al territorio e alle sue Istituzioni, come la scuola materna del quartiere che accoglie ogni giorno nelle sue classi i bambini della Sezione nido. 

Ed è per questo che sentiamo il dovere di rompere il silenzio. 

Pensare di dare una risposta risolutiva a questo dramma scaricando sulla Direzione e sulla Vice-comandante la responsabilità di quanto è successo è un grave errore. Le responsabilità sono tante e nessuno - nemmeno noi - può pensare di tirarsene fuori, trovando un colpevole che paghi per tutti. 

Il dramma dei bambini in carcere è noto a tutti. La legge del 2011 ha tracciato una linea che prevede una collocazione alternativa al carcere per mamme e bambini, ma la sua applicazione fatica a trovare pienezza. Il disagio sociale sempre più presente all’interno degli Istituti di pena non è certo una novità e troppo spesso il peso di tale problema è affidato al personale di Polizia penitenziaria. Gli Enti locali faticano a dare risposte a chi esce dal carcere e cerca di ricominciare una vita diversa. I cittadini molto spesso si oppongono alla nascita di strutture di accoglienza, come le case famiglia per le donne detenute con figli. 

Colpire i vertici della Casa circondariale femminile di Rebibbia significa, per noi, aggiungere danni alla tragedia provocata da una mamma detenuta. 

 

 

I firmatari:

A buon diritto, Arci, A Roma Insieme, Associazione Articolo 21 - Liberi di, AS.VO.PE. - Palermo. Associazione Antigone, Associazione Controluce – Pisa, Associazione Fuoririga – Casal del Marmo, Associazione Liberamente - Cosenza, Associazione Sarda per l'attuazione della riforma psichiatrica, Associazione Semi di Libertà onlus, Associazione Spondé onlus, Associazione Volontari In Carcere/Caritas di Roma, Atletico diritti, Cibo Agricolo Libero, Comunità di Sant’Egidio, Comunità Papa Giovanni XXIII, Conferenza nazionale Volontariato Giustizia, Conferenza per la Salute mentale nel mondo “Franco Basaglia”, Cooperativa Con-Tatto, Cooperativa Sociale Concordia onlus, Coordinamento Regionale “Tino Beiletti” - Piemonte e Valle d’Aosta, Coordinamento SEAC - Calabria, Coordinamento SEAC - Veneto, Cnca, Festival dei matti, Fondazione Franco e Franca Basaglia, Fondazione Zancan, Forum nazionale per la salute in carcere, Forum salute mentale nazionale, Gruppo Idee laboratorio ricuciamo, GRUSOL Gruppo solidarietà, I Cappellani degli Istituti di Rebibbia, La Fraternità - Verona, Magistratura democratica, Men at work onlus, Nessuno tocchi Caino, Oltre le sbarre, Osservatorio Stopopg per la salute mentale, Panta Coop arl onlus, Ristretti orizzonti, SEAC, Sesta città di rifugio, Sesta opera San Fedele - Milano, Sesta Opera San Fedele - Rieti, Società Cooperativa e-Team, Società di San Vincenzo De Paoli, Ucsi – Unione cattolica stampa italiana, Unasam, Volare - Velletri Vo.Re.Co.

 

 

Mauro Palma è il primo Garante nazionale dei diritti dei detenuti: dopo una lunga attesa finalmente la nomina del Governo

La nomina di Mauro Palma a Garante dei detenuti è una buona notizia. In questi anni, anche nella complessa vicenda del superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, abbiamo potuto apprezzare le qualità umane e professionali di Mauro Palma.

Esprimiamo al nuovo Garante gli auguri per lo svolgimento dell’importante incarico e la disponibilità a collaborare con lui per garantire il rispetto dei diritti e della dignità delle persone a qualsiasi titolo private della libertà.

p. il Comitato nazionale stopOPG

Stefano Cecconi

SALUTE MENTALE, SÌ ALLA LEGGE 180, NO ALLA PROPOSTA DI LEGGE 181 …

La legge 180 del 1978, cancellando l’impostazione repressiva della psichiatria, ha dato un contributo fondamentale per lo sviluppo della democrazia e delle libertà nel nostro Paese. Ha posto fine a secoli di abusi nei confronti di migliaia di persone obbligate all’internamento nei manicomi, restituendo loro libertà e dignità. Proprio qui sta il valore centrale della legge 180: nella sua spinta liberatrice e nell’idea di società che include, che accoglie, che soccorre, in cui ogni essere umano ha piena cittadinanza.
Tuttavia sappiamo bene che la riforma Basaglia, pur positiva e ricca di successi, non è ancora stata pienamente applicata: il diritto alla salute mentale non è garantito ancora su tutto il territorio nazionale. Si sono riaperte strutture residenziali molto simili ai vecchi ospedali psichiatrici e spesso sono i farmaci l’unica risposta al bisogno di cura. E gli OPG sono ancora aperti. Questa situazione di abbandono di chi soffre e delle loro famiglie offre pretesti ai “nostalgici” del manicomio. E anche a chi, in buona fede, soffre per la mancata applicazione della 180. Basta pensare ai disegni di legge contro la legge 180 presentati anche quest’anno in parlamento, che abbiamo duramente contrastato.
Ora abbiamo visto che un comitato sta raccogliendo firme per una “Proposta di Legge 181”, che consideriamo un grave errore. Concordiamo nel giudizio con il Forum Salute Mentale
Si tratta di una proposta, quella della 181, che, al di là delle migliori intenzioni, è pericolosa e fuorviante.
Pericolosa perché offre una sponda inaspettata – fuori e dentro al parlamento - a chi in questi anni ha tentato di affossare la 180 con disegni di legge di stampo neomanicomiale (vedi D.d.L. Ciccioli).
Fuorviante perché “distrae” e deresponsabilizza tutti coloro (Governo, Regioni, Asl …) che devono applicare la 180 e non lo fanno, o lo fanno poco e male.
Non abbiamo bisogno di una nuova legge, quella che abbiamo è bellissima: il problema è applicarla e applicarla bene. Siamo confortati e confermati in questa posizione dalla Relazione conclusiva della Commissione parlamentare d’inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale presieduta dal senatore Marino nella precedente legislatura. (Vedi: http://www.news-forumsalutementale.it/public/Relazione_finale_sm.pdf)
Semmai, sono i tagli al Servizio sanitario e al welfare che aggravano la situazione, indeboliscono per primi i servizi territoriali: dai Dipartimenti di Salute Mentale ai servizi sociali, e producono nuove esclusioni e disagi. Per questo insistiamo con Governo e Regioni: bisogna investire per la salute mentale, garantire 24 ore su 24 la “presa in carico” delle persone e dei loro familiari nei servizi territoriali, con Centri di Salute Mentale accoglienti, visibili, attraversabili e vicini, servizi domiciliari e residenziali e per l’inclusione lavorativa, abitativa e sociale. Per fare questo non serve un'altra legge, piuttosto aggiornare e finanziare il Progetto obiettivo nazionale (e regionali) per la tutela della salute mentale.
E’ importante ricordare che il lavoro di Basaglia è stato “lavoro di gruppo”, e che prosegue: ancora oggi moltissimi operatori, associazioni di cittadini utenti e familiari sono impegnati per affermare il diritto alla salute mentale e a trattamenti sanitari sempre rispettosi della dignità della persona, come afferma la nostra Costituzione. Che è una grande Legge: come la 180, va applicata non cambiata.

Roma, 6 agosto 2013

 

p. CGIL nazionale, Stefano Cecconi
p. FP CGIL nazionale, Denise Amerini

 

Presidente Napolitano: sulle condizioni delle carceri sono in gioco l’onore e il prestigio dell’Italia

 

"Sulle condizioni delle carceri sono in giuoco il prestigio e l'onore dell'Italia". 
"Ho più volte, e anche molto di recente, colto ogni occasione per denunciare l'insostenibilità della condizione delle carceri e di coloro che vi sono rinchiusi." 
 
Lo ha detto il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, incontrando nella rotonda del carcere di San Vittore i detenuti, il personale e i volontari. "E naturalmente - ha proseguito il Presidente Napolitano - avrei auspicato che i miei appelli fossero raccolti in misura maggiore di quanto non sia accaduto, ma vi posso assicurare che questo è accaduto per vari appelli del Presidente della Repubblica riguardanti anche altre questioni. Ho pensato tuttavia di dovere - raccogliendo l'invito rivoltomi a visitare San Vittore - levare nuovamente la mia voce dopo che sul tema è intervenuta ancora la Corte Europea per i Diritti dell'Uomo con una condanna, mortificante come l'ho definita, per l'Italia".
 
"Il Presidente Tamburrino - ha aggiunto il Capo dello Stato - ha analizzato attentamente in un suo scritto la sentenza della CEDU, considerando dovere 'indefettibile e indifferibile', da parte nostra, darvi esecuzione. È in giuoco, come egli ha giustamente rilevato, 'una delle condizioni essenziali dello Stato di diritto'. Sono in giuoco - debbo dire nella mia responsabilità di Presidente della Repubblica - il prestigio e l'onore dell'Italia".
 
Per il Capo dello Stato "questa questione, e l'impegno inderogabile che ne discende, 
debbono essere ben presenti a tutte le forze politiche e ai cittadini-elettori anche nel momento in cui il nostro popolo è chiamato ad eleggere un nuovo Parlamento. Sia chiaro : sulle strade da scegliere, sugli indirizzi da perseguire in materia di legislazione penale e di politica penitenziaria e anche sulle risorse da impiegare, non solo da tagliare, esistono posizioni diverse tra uno schieramento e l'altro, tra un partito e l'altro. E io oggi non intendo dire nulla che possa anche solo apparire un'interferenza nel dibattito in corso, destinato poi a riaprirsi nelle nuove assemblee parlamentari. Il confronto non potrà non tenere conto di tutti i punti di vista e le proposte, comprese quelle contenute nella relazione presentata nello scorso novembre dalla speciale Commissione istituita dal CSM sui problemi della magistratura di sorveglianza. Ma di certo nessuna parte vorrà, anche in questo momento, negare la gravità dell'attuale realtà carceraria nel nostro paese, negare la gravità e l'urgenza della questione carceraria. Ed è già da considerarsi importante, per le decisioni da prendere liberamente nel futuro questo comune riconoscimento obbiettivo della gravità e urgenza estrema della questione carceraria".
 
Il Presidente Napolitano ha quindi ricordato che "la violazione che ci si addebita dell'articolo 3 della Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo è imperniata sul parametro dello 'spazio vitale del detenuto' che non è oggi garantito nella nostra situazione penitenziaria. Si può aggiungere che il sovraffollamento degli istituti, le condizioni di vita degradanti che ne conseguono, i numerosi episodi di violenza e di autolesionismo - sintomo di una inaccettabile sofferenza esistenziale - le condotte di inquieta insofferenza o di triste indifferenza sempre più diffuse tra i reclusi, la mancata attuazione dunque delle regole penitenziarie europee confermano purtroppo la perdurante incapacità del nostro Stato a realizzare un sistema rispettoso del dettato dell'articolo 27 della Costituzione Repubblicana sulla funzione rieducativa della pena e sul 'senso di umanità' cui debbono corrispondere i relativi trattamenti".
 
"Questa visita - ha rilevato il Capo dello Stato - e' un'occasione importante per rivolgere il giusto riconoscimento anche al lavoro diuturno svolto dagli uomini e dalla donne della polizia penitenziaria, che esercitano i loro compiti di custodia nella complessa realtà inframuraria con sensibilità, abnegazione e professionalità e desidero associarmi all'omaggio che ha tributato il Presidente Tamburrino alla memoria dei due caduti i cui figli sono oggi qui con noi. Analogo riconoscimento e apprezzamento va tributato a tutti quegli altri operatori, dai dirigenti degli istituti, agli assistenti sociali, agli educatori, agli psicologi, agli operatori dell'area sanitaria che profondono il loro impegno nel progettare e assecondare il percorso di rieducazione. Ne' possono essere trascurate le risorse e le disponibilità del volontariato e del terzo settore, particolarmente attivi in ambiente carcerario, il cui ruolo merita dunque di essere valorizzato".
 
"L'apertura del carcere alla istruzione, al lavoro, ai rapporti quotidiani con la comunità esterna, sono - ha sottolineato il Presidente Napolitano - un inizio di giustizia, un passo  indispensabile per consentire al condannato di raggiungere una più alta coscienza di sé, di generare la spinta morale verso la 'inclusione' nella realtà esterna: solo in tal modo, l'aspirazione al reinserimento può non essere una utopia e al reo viene offerta la opportunità del recupero sociale. Occorre peraltro prendere coscienza che la responsabilita' del trattamento e della risocializzazione non può essere affidata esclusivamente al personale dell'Amministrazione, ma deve estendersi e coinvolgere tutte le articolazioni sociali : dalla famiglia alla scuola, alle istituzioni religiose, alle associazioni di volontariato, al mondo del lavoro.
Al mondo imprenditoriale e alla cooperazione sociale - pur nell'attuale momento di crisi economica - va chiesto un adeguato supporto per i profili della formazione, dell'orientamento e dell'inserimento lavorativo".
"A brevissima distanza dalla conclusione del mio mandato di Presidente, ho voluto - ha concluso il suo intervento il Presidente della Repubblica - essere tra voi con sentimenti di sincera e meditata condivisione di problemi e di umane sofferenze di cui lo Stato repubblicano deve farsi carico con quella determinazione, coerenza e continuità che finora purtroppo non ha mostrato. Sofferenze di uomini e donne qui reclusi e, direi poi in modo particolarissimo, di donne che sono mamme e per di più sono anche straniere. Confido che la mia testimonianza e le mie parole di oggi possano essere raccolte da chi mi succederà nelle funzioni di Capo dello Stato e da tutte le istituzioni rappresentative, a cominciare dal Parlamento che sta per essere eletto".

Tortura, Carceri, Droghe: tre proposte di legge per la giustizia e i diritti

 
3 proposte di legge
RELAZIONE INTRODUTTIVA
 
La recente sentenza (8 gennaio 2013) della Corte Europea dei Diritti Umani nel caso Torreggiani impone alle autorità italiane l’assunzione di un piano per le riforme in ambito penale e penitenziario nel nome della protezione della dignità umana. L’Italia ha un anno di tempo per ripristinare la legalità internazionale e costituzionale nell’ambito del sistema penitenziario.
 
In questo momento vi sono 22 mila detenuti in più rispetto ai posti letto regolamentari. Abbiamo il tasso di affollamento penitenziario più alto della Unione Europea. Il sistema è fuori ogni controllo. I detenuti dormono per terra. Non vi sono più spazi comuni. Oziano spesso nelle loro celle per oltre 20 ore al giorno rendendo evanescente la funzione rieducativa della pena. Il personale vive una condizione di forte sofferenza. Alcuni dati ci aiutano a capire quale è la strategia della nostra proposta. Circa il 60% dei detenuti è pluri-recidivo. 28.459 detenuti, ovvero poco meno del 50% della popolazione detenuta, ha tra una e quattro carcerazioni precedenti a quella per cui è attualmente in galera. La metà circa di queste carcerazioni è il frutto di condanne definitive. 6.890 detenuti hanno tra 5 e 9 carcerazioni già scontate in passato. 1.394 addirittura tra 10 e 14. Ben 350 detenuti hanno più di 15 carcerazioni sulle spalle. 28.608 detenuti sono quelli invece alla prima carcerazione. La recidiva è il grande tema irrisolto della questione penale in Italia. I detenuti al primo gennaio 2013 sono 65.701. Il 4,27% della popolazione reclusa è femminile. La capienza regolamentare è oggi cresciuta sino a 47.040 posti. Questo dato è però poco chiaro. Infatti i posti letto erano 44 mila qualche mese fa e le carceri da allora sono sempre le stesse 206, anzi vari reparti sono stati nel frattempo chiusi in considerazione delle drammatiche condizioni di degrado. In ogni caso il dato raccolto il 31 dicembre è necessariamente un dato approssimato per difetto rispetto ai numeri reali della detenzione in Italia in quanto sono molti i detenuti che durante il periodo natalizio usufruiscono di permessi premio e che pertanto non sono conteggiati tra quelli presenti. Circa 15 mila hanno meno di 30 anni. Una popolazione,quindi, molto giovane. 587 detenuti hanno invece più di 70 anni. Oltre il 40% della popolazione ristretta è celibe o nubile. I laureati sono 604, di cui 176 stranieri, ovvero meno dell’1% del totale. Sono finanche in numero inferiore agli analfabeti totali. La rilevazione per gli stranieri è spesso non attendibile in quanto molti di essi hanno percorsi anomali di studio. Meno di un terzo del totale sono i detenuti che dichiarano di avere un lavoro fuori. Circa 1.800 sono quelli che si definiscono imprenditori o liberi professionisti. Il 19% dei detenuti è in attesa del primo giudizio, ovvero non ha subito neanche la condanna in primo grado. Circa il 20% è in attesa della decisione della Corte di Appello o della sentenza definitiva della Corte di Cassazione dopo avere subito una condanna iniziale. La percentuale degli stranieri in custodia cautelare sfiora il 50% del totale degli stranieri reclusi, un 10% superiore rispetto al dato corrispondente degli italiani. L’1,93% sta scontando una misura di sicurezza detentiva. Poco più di 10 mila persone sono state condannate a pena inferiore ai 3 anni. Diventano 24 mila se si considerano tutti coloro che hanno una pena residua da scontare inferiore ai 3 anni. Eppure molti di costoro non accedono ugualmente alle misure alternative o alla detenzione domiciliare a causa degli ostacoli normativi o delle ritrosie della magistratura di sorveglianza. Gli ergastolani sono 1.581. Gli stranieri sono 24.179, molti dentro a causa della criminalizzazione secondaria imposta dalla legge Bossi-Fini. I detenuti che sono in carcere per avere violato la legge sulle droghe sono il 37% della popolazione detenuta. In nessuno stato della Ue i numeri sono così alti, neanche nei Paesi tradizionalmente più duri. A partire dal dicembre del 2010, mese della sua entrata in vigore, sono circa 9 mila i detenuti usciti con la legge definita enfaticamente prima svuota e poi salva carceri. Moltissimi di costoro sarebbero ugualmente usciti grazie alle altre misure alternative presenti nell’ordinamento penitenziario, per questo i numeri globali non sono così diminuiti. 
 
Le norme di questa proposta di legge sono il frutto del lavoro condiviso di molte organizzazioni. L’intenzione è quella di ripristinare la legalità internazionale e costituzionale, di contrastare in modo sistemico il sovraffollamento agendo su quelle leggi che producono carcerazione senza produrre sicurezza, di cambiare paradigma in materia di droghe. Sono tre proposte distinte. 
La prima vuole sopperire a una lacuna normativa grave. In Italia manca il crimine di tortura nonostante vi sia un obbligo internazionale in tal senso. Il testo prescelto è quello codificato nella Convenzione delle Nazioni Unite. La proibizione legale della tortura qualifica un sistema politico ome democratico. 
 
La seconda delle proposte di legge vuole intervenire in materia di diritti dei detenuti e di riduzione dell’affollamento penitenziario. Il 29 giugno 2010 è stato approvato il piano carceri dall’allora Governo Berlusconi, che prevedeva la realizzazione di 9.150 posti, per un importo totale di € 661.000.000. Oggi i fondi sono calati a 450 milioni ma neanche un mattone è stato posto. Le persone in misura alternativa sono calate nonostante tante parole spese a loro difesa. Non è con l’edilizia che si risolve la questione carceraria ma intervenendo sui flussi in ingresso e in uscita ovvero su quelle leggi che producono carcerazione senza produrre sicurezza pubblica. Le norme da noi elaborate vogliono rompere l’anomalia italiana ripristinando la legalità nelle carceri come anche il Csm ha chiesto. Esse in primo luogo tendono a rafforzare il concetto di misura cautelare intramuraria come extrema ratio, pur previsto nel nostro ordinamento, con la previsione dell’eccezionalità della detenzione cautelare in carcere per privilegiare altre forme di misure coercitive. La modifica normativa si rende indispensabile per porre fine al ricorso sistematico al carcere nella fase cautelare come una forma di pena anticipata prima del processo. Viene abrogato l’odioso reato di clandestinità. Si interviene drasticamente inoltre sulla legge Cirielli in materia di recidiva ripristinando la possibilità di accesso ai benefici penitenziari e azzerando tutti gli aumenti di pena. Inoltre si prevede che nessuno debba entrare in carcere se non c’è posto e che a tutti va assicurato il diritto a far valere i propri diritti. Si chiede al governo di mettere mano al sistema delle sanzioni diversificandolo, di introdurre il meccanismo della messa alla prova, di intervenire sulle misure di sicurezza custodiali, dall’opg a scendere. 
 
Infine la terza proposta vuole modificare la legge sulle droghe che tanta carcerazione inutile produce nel nostro Paese. Viene superato il paradigma punitivo della legge Fini-Giovanardi, depenalizzando i consumi, diversificando il destino dei consumatori di droghe leggere da quello di sostanze pesanti, diminuendo le pene, restituendo centralità ai servizi pubblici per le tossicodipendenze. 
 
 

A buon diritto, A Roma, insieme - Leda Colombini, Antigone, Arci, Associazione nazionale giuristi democratici, Bin Italia, Cgil, Cgil - Fp, Conferenza nazionale volontariato giustizia, Cnca, Forum droghe, Forum per il diritto alla salute in carcere, Ristretti Orizzonti, Società della Ragione, Unione Camere penali italiane, Vic - Volontari in carcere.

 

 

OPG Mantova: la proposta per l'istituzione del garante dei diritti degli internati

Primo incontro del neonato comitato “STOP OPG” di Mantova.

In allegato il verbale della riunione e la lettera inviata alla provincia di Mantova relativa alla istituzione della figura del garante dei diritti delle persone ristrette ed internate.  

Il 7 settembre giornata di studio sugli OPG organizzata da Cittadinanzattiva

Giornata di studio sugli OPG
 

Cittadinanzattiva - in particolare le reti Giustizia per i Diritti e Tribunale per i diritti del malato - ha deciso di promuovere una giornata di studio sugli OPG sul tema della tutela legale e sulle prospettive di riforma dell'ordinamento penale.
La riunione, aperta ai componenti del Comitato Stop Opg che volessero dare un contributo alla riflessione, si terrà il 7 settembre 2011, dalle 10.00 alle 16.00 a Roma presso la sede nazionale di Cittadinanzattiva (Via Flaminia 53, Roma)

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