OPG superamento

"La riforma della sanità penitenziaria: il caso degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari- Esigenze etiche e giuridiche dell'Oltre"

Pubblichiamo la Tesi di laurea di Michele Miravalle in Sociologia del diritto.

Il 2 novembre il dott. Michele Miravalle ha scritto alla redazione di StopOPG.it:

'Lo scorso 24 ottobre ho concluso il mio appassionante percorso di studi universiatri discutendo una tesi di sociologia del diritto sul superamento degli OPG dal titolo "La riforma della sanità penitenziaria: il caso degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari- Esigenze etiche e giuridiche dell'Oltre".
Sperando di fare cosa gradita, metto a disposizione il testo per la pubblicazione sul vostro sito e per le vostre ricerche.'

Michele Miravalle

Dopo la risoluzione del Senato sugli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, continua la mobilitazione del Comitato STOP OPG

La risoluzione approvata dal Senato sugli Ospedali Psichiatrici Giudiziari è una nuova tappa del faticoso percorso per abolire definitivamente gli OPG, ma il traguardo non è stato certo raggiunto.

in allegato il comunicato di StopOPG

"Lombardia:verso il superamento degli OPG". Audio dei singoli interventi

Castiglione dello Stiviere, 13 settembre 2011

 

Ascolta l'audio dei singoli interventi da: www.fp.cgil.lombardia.it

Report della riunione del comitato StopOPG (8 settembre 2011)

Roma, 08-09-2011.
La riunione del Comitato Promotore di STOP OPG è stata partecipata e fruttuosa.
Sono intervenute oltre trenta persone in rappresentanza di 15 associazioni (A buon diritto, Antigone, Casa Solidarietà Barcellona, CGIL, Cittadinanzattiva, CNCA, CNVG, Coordinamento garanti territoriali dei detenuti, Forum Salute Mentale, Forum Salute e Carcere, FP CGIL, Fondazione Basaglia, Forum Droghe, Psichiatria Democratica, SOS Sanità).
Assenti giustificati, hanno comunicato la piena disponibilità a proseguire il lavoro comune: Unasam, Società della Ragione, Fondazione Zancan, Conferenza Salute Mentale nel mondo, Grusol.

Alleghiamo il report della riunione con le decisioni del Comitato.

 

 

Iniziativa di StopOPG alla Festa nazionale della FP CGIL

Presentazione del libro
Matti in libertà di Maria Antonietta Farina Coscioni

Il report di una realtà volutamente ignorata, impreziosito da sei vignette inedite di Sergio Staino
coordina Fabrizio Rossetti, Funzione Pubblica CGIL
24 settembre 2011 - Villa Pecori Giraldi - Borgo San Lorenzo  - FI (Mugello)

 

Ascolta l'audio degli interventi da www.radioradicale.it

 

  rossetti e Staino
     
iniziativa del 24 09 2011

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

"Senza Catene": l'orrore degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari.

StopOPG Sardegna

Convegno Nazionale
Per un ruolo attivo del Servizio Sanitario Nazionale e degli Enti locali.
La società civile chiama le Istituzioni al rispetto dei diritti Costituzionali.
Sala Convegni Centro Culturale d’Arte “Il Ghetto” - Via S.Croce n°18 - Cagliari

Ascolta l'audio delle Tavole rotonde (da radioradicale):

ascolta  - le proposte delle istituzioni e della società civile

ascolta  - i diritti umani e i diritti di cittadinanza

ascolta  - gli amministratori locali si confrontano sui temi di politiche sociali e sanitarie

 

 

in allegato il Programma dell'iniziativa

Iniziativa pubblica - "Lombardia: verso il superamento degli O.P.G."

Martedì 13 settembre 2011, presso Villa Brescianelli in via Campobasso 26, Castiglione delle Stiviere si svolgerà l' iniziativa pubblica dal titolo "Lombardia: verso il superamento degli O.P.G." promossa da FPCGIL Lombardia, FPCGIL Mantova, CGIL Lombardia e CGIL Mantova.

In allegato il programma.

Il dialogo di Marco Cavallo e il Drago con gli internati nell’OPG di Montelupo F.

"Un drago che mangia il cuore e brucia l’anima. Un cavallo azzurro di nome Marco, simbolo della libertà che ha sfondato le mura dei manicomi..."

Guarda il video su Forum Salute Mentale

 

StopOPG: bene chiusura reparti decisi dalla Commissione Marino, ora aboliamoli

“STOP OPG” plaude all’intervento della Commissione parlamentare d’inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale, presieduta dal Senatore Marino, che ha disposto la chiusura di alcuni reparti negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari di Montelupo Fiorentino e Barcellona Pozzo di Gotto.

È un intervento indispensabile, di fronte alle vergognose condizioni in cui sono costretti a vivere nostri cittadini internati e a lavorare gli stessi operatori.

Ora non bisogna fermarsi ai casi più clamorosi: bisogna andare fino in fondo e abolire definitivamente gli OPG, aprendo la strada a progetti di assistenza individuali, che privilegiano il “territorio”, le “strutture leggere e il  più possibile personalizzate”, al posto delle istituzioni totali. Trattamenti sanitari che, come affermano due sentenze della Corte Costituzionale e le norme sul superamento degli OPG, siano alternativi al ricovero e all’internamento e si svolgano nel territorio di residenza.

Solo così, come si è fatto con i manicomi, affermeremo il rispetto alla dignità della persona, sancito come inviolabile dalla nostra Costituzione.

OPG di Reggio Emilia. Lanciato un appello per la chiusura

da www.reggionline.com

L'ospedale psichiatrico giudiziario della città è sovraffollato.
Sassi: "Mancano le condizioni per curare"

 

15/07/2011. “Chiudiamo l’opg di Reggio Emilia”. È questo l’appello lanciato oggi dalla Società della ragione alla nostra città tramite un incontro, organizzato in Municipio, OPG di Reggio Emiliaper sensibilizzare la cittadinanza in merito alle condizioni in cui versano gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari e le persone in essi ospitate e chiedere l’adesione alla campagna nazionale “Stop Opg”. 
In tutto il territorio nazionale, sono sei gli Opg rimasti in funzione. Uno di questi è nella nostra città. A farsi portavoce dei promotori è l’assessore comunale alle Politiche sociali Matteo Sassi: “Gli opg sono luoghi di custodia - ha detto Sassi - dove non ci sono le condizioni per curare ma neanche per garantire sicurezza alla collettività, poiché non sono in grado di attivare veri percorsi riabilitativi.
 Rappresentano un buco nero del nostro ordinamento giudiziario: ci sono esempi che dimostrano che è possibile garantire il diritto alla cura attraverso altre forme e sappiamo che gli operatori degli opg condividono le nostre preoccupazioni”.
La struttura reggiana sarebbe, secondo i promotori, particolarmente punitiva: "L'Opg di Reggio è un carcere - spiega Gianluca Borghi della Società della ragione - E' collocata all’interno della Casa circondariale della Pulce, di cui costituisce un’ala, ed è quindi incompatibile con condizioni di cura e recupero".
Non solo: la struttura sarebbe sovraffollata: "E' stato creato per accogliere 132 persone - continua Borghi - ma oggi ne ospita 245 poiché, nonostante il suo bacino di utenza formale dovrebbe essere limitato a Emilia Romagna, Veneto e Marche, giungono a Reggio anche persone provenienti da Lombardia e Piemonte, per ragioni di mancanza di strutture”. 
I modi di superare gli Opg, secondo i promotori della campagna, si conoscono già: "Le Ausl dovrebbero farsi carico delle persone ospitate in queste strutture - ha detto Stefano Cecconi della Cgil nazionale - Inoltre, è necessaria una modifica del codice penale affinché la detenzione non diventi una misura di sicurezza perpetuata a vita per mancanza di reti di recupero e reinserimento. 
Attualmente, i sei opg presenti in Italia a servizio di tutto il territorio nazionale ospitano circa 1400 persone. Tra loro già 350 potrebbero essere dimessi, ma i progetti terapeutico-riabilitativi individualizzati non sono ancora stati finanziati.
 

Convegno al Senato sugli OPG: l'intervento di Giovanna Del Giudice

Convegno organizzato dalla Commissione parlamentare di inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del SSN - Senato della Repubblica, giovedì 9 giugno 2011

Seminario: "Se questo è un ospedale. Le criticità degli OPG a tre anni dall’entrata in vigore del DPCM 1° aprile 2008: problematiche attuative della riforma della sanità penitenziaria; prospettive di modificazione legislativa della psichiatria giudiziaria".

Chiudiamo l’OPG di Reggio Emilia

Iniziativa pubblica al Municipio di Reggio Emilia il 16 luglio 2011.

 

Come è possibile fare a meno degli OPGA

di Luigi Benevelli

La scelta di chiudere gli ospedali psichiatrici giudiziari (opg) rappresenta oggi una sfida importante per il Parlamento e l’Amministrazione penitenziaria e la sfida più rilevante e inquietante per la psichiatria di comunità italiana e per tutto il servizio sanitario nazionale; dal suo esito, vale a dire se si riuscirà a realizzarla e come si riuscirà a realizzarla, dipenderanno i possibili nuovi assetti del Codice penale, la civiltà del sistema penitenziario, la qualità dell’assistenza psichiatrica pubblica nel nostro paese: ne sono segnale le affermazioni del presidente del Senato Schifani e le cautele del sen. Marino nell’occasione dell’incontro del 9 giugno scorso a Roma. Per una discussione utile bisogna decidere se e come modificare il Codice penale a proposito della misura di sicurezza e dell’imputabilità dei pazienti autori di reato (la sentenza n. 9163, 8 marzo 2005 delle Sezioni Penali riunite della Corte di Cassazione ha mostrato quali e quanti disastri provoca il mantenimento del regime della non-imputabilità e la sua estensione). Ma bisogna pensare a quali indicazioni dare circa i luoghi e i titolari della cura.
Da più di una decina d’anni la psichiatria di comunità italiana sta sperimentando, unica al mondo (solo recentemente si è avviata sulla strada da noi aperta l’Unione Argentina) un’assistenza psichiatrica senza manicomi che, pur fra molte difficoltà e non senza gravi problemi in molti luoghi, sta tenendo. Tutto questo è stato reso possibile dal fatto che la riforma del 1978 ha come luogo della cura Il “territorio”, la comunità civile di riferimento del paziente, con i suoi servizi e le sue opportunità; un approccio al paziente con disturbo mentale centrato sulla ricerca del suo consenso e riconoscendo lo stesso protagonista della propria cura e del proprio destino; un approccio che contesta la presunzione di pericolosità sociale del paziente psichiatrico e che declina i comportamenti problematici sotto il segno dell’aggressività. Da qui, per fare un esempio, nasce negli Spdc a porte aperte l’adozione delle tecniche di de-escalation.
Negli opg sono internati cittadini con disturbo mentale ritenuti socialmente pericolosi per aver compiuto reati. Negli opg i codici di interpretazione derivati dalla criminologia e dalla psichiatria forense positivistiche continuano a prevalere su quelli della psichiatra di comunità “civile” e del movimento per la salute mentale. L’osservazione e l’esperienza mostrano che le dimissioni dagli opg non sono disposte dai medici, ma dai magistrati, che dagli opg è difficile dimettere soprattutto perché i cittadini internati sono caricati di un enorme pregiudizio, spesso condiviso da coloro che li dovrebbero aiutare a curarsi e riabilitarsi come ci dicono le proroghe di centinaia di internamenti anche dopo che, in sede di riesame della pericolosità, le persone sono state riconosciute (dal magistrato) non più socialmente pericolose perché non ci sarebbe chi si occupa e risponde di loro fuori dall’opg. Lo dimostra il fatto che quando si riesce a dimettere, la destinazione di gran lunga prevalente è quella di residenze ad alta protezione, dove il controllo sociale (e farmacologico) è molto forte.
Gli opg, quando riescono ad essere stabilimenti sanitari come nel caso di quello di Castiglione delle Stiviere, sono niente altro che manicomi, per di più sottoposti ai regolamenti degli Istituti di 2 prevenzione e pena, impegnati nella gestione della vita quotidiana di persone con disturbi mentali per anni. Escluso quello di Castglione d/S, in tutti gli altri il lavoro di assistenza è affidato ad agenti della Polizia penitenziaria; a Castiglione d/S l’assistenza è condotta da personale sanitario che però è caricato da compiti di custodia delle persone internate. Queste semplici osservazioni ci fanno capire quanto le norme, gli istituti, le pratiche che regolano la gestione (più che la cura) dei pazienti rei folli stridano, fino ad esserne incompatibili, con le norme, le acquisizioni, le finalità e le pratiche dell’assistenza psichiatrica pubblica italiana: da più di trent’anni un cittadino con disturbi mentali ha diritto a non subire limitazioni della libertà
personale, se non nelle situazioni indicate dalla legge per il trattamento sanitario obbligatorio.
Bisogna garantire che un cittadino con disturbi mentali che abbia compiuto un reato abbia diritto a (e debba) essere sanzionato in relazione al reato e non in relazione alla patologia di cui è affetto.
Inoltre, alla chiusura degli opg consegue che, se si escludono le pene alternative, ci si deve misurare con i servizi e le opportunità di cura offerte dalle carceri. Da qui parte la riflessione sulla condizione dei cittadini detenuti nelle carceri della Repubblica. Lo stato attuale è talmente drammatico e disumano, specie in relazione al sovraffollamento, che le considerazioni che seguono possono apparire astratte. Tuttavia, facendo uno sforzo, non potremo che pensare ad una Giustizia che abbia ridotto al minimo possibile le pene detentive per tutti i cittadini autori di reato. E anche in questo caso “ottimale” sappiamo che comunque una parte consistente della popolazione carceraria soffre di disturbi mentali, il che ci obbliga a considerare quali livelli di complessità del servizio di assistenza psichiatrica possiamo/dobbiamo garantire. Qui si apre uno spazio di lavoro enorme intorno al tema del diritto alla salute (mentale) in carcere e dei servizi correlati, da garantire universalmente, un tema che spero diventi il centro della discussione e della proposta per la chiusura degli opg. A tale riguardo si dovrà vedere che cosa sono in grado di mettere in campo da subito le Regioni, titolari dell’assistenza sanitaria con le loro Aziende sanitarie e i loro Dipartimenti di salute mentale, nonché l’Amministrazione penitenziaria.
Alla luce di queste considerazioni, per la complessità dei meccanismi e delle regole da modificare e non solo per l’indifferenza e l’ignavia della politica, sono comprensibili le inadempienze e i ritardi accumulati nell’attuazione del programma indicato dal Dpcm 1 aprile 2008.
Intanto, da subito, il Ministero della salute d’intesa con le Regioni, potrebbe riconoscere, premiare, anche economicamente, quelle aziende sanitarie e quei Dipartimenti di salute mentale che si facciano carico dei propri pazienti internati in opg, che si rendano disponibili a garantire misure alternative all’internamento, che sviluppino progetti di intervento nelle carceri per la salute della popolazione dei detenuti, in collaborazione con l’Amministrazione penitenziaria.
Potrebbe essere il segno dell’interesse dello Stato a mettere mano alla complicata, faticosa vicenda della chiusura degli opg.
 

Lo scandalo degli OPG

 di Maria Grazia Giannichedda su “il manifesto” del 15/06/2011

Solo la Commissione d'inchiesta sul servizio sanitario nazionale e i Presidenti della Repubblica e del Senato avevano visto integralmente il filmato di mezz'ora che il 9 giugno ha aperto il convegno sugli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) ed è rimbalzato in quasi tutti i telegiornali della sera. Corpi sformati, persone disperate, spazi angusti, gabinetti rotti, letti di contenzione, storie di soprusi e violenza, non raramente di morte fisica, sempre di incuria e morte civile: le visite a sorpresa negli Opg, effettuate nei mesi scorsi dalla Commissione presieduta da Ignazio Marino, hanno documentato una situazione atroce e nota. Infatti c'era tensione palpabile ma nessuna sorpresa nel pubblico convocato a Palazzo Giustiniani, un centinaio di addetti ai lavori tra responsabili sanitari e penitenziari degli Opg, giudici di sorveglianza, dirigenti di dipartimenti di salute mentale e dell'amministrazione penitenziaria, esponenti di quel mondo associativo che da decenni presidia la questione Opg e da qualche mese ha aperto una nuova campagna per l'abolizione di questi istituti (www.stopopg.it).

 

Alla fine del lungo dibattito, un'ovvia unanimità su alcuni punti: chiudere questi Opg, intervenire sui canali che li alimentano, utilizzare gli strumenti giuridici e le risorse da tempo disponibili per ricollocare all'esterno la gran parte delle persone internate e prendersi cura di loro. Era però assai difficile allontanare la sensazione che oggi nessuna autorità, dai ministri di sanità e giustizia agli assessori regionali (tutti assenti), abbia la volontà e la forza di rendere meno intollerabile, nel nostro paese, la distanza tra ciò che le leggi consentono e prescrivono e ciò che le istituzioni pubbliche fanno e non fanno. Per questo è così importante far uscire la questione Opg dalle stanze degli addetti e includerla nell'agenda che i cittadini devono costruire sia per cambiare il governo che per cambiare la cultura di gran parte della classe politica su questioni che riguardano le libertà di tutti e i fondamenti della democrazia anche se toccano gruppi ristretti e istituzioni marginali.

Gli opg sono sei (a Castiglione delle Siviere, vicino a Mantova, Reggio Emilia, Montelupo Fiorentino, Aversa, Napoli e Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina) e ci sono più di 1500 persone internate. Mai negli ultimi trent'anni era stata raggiunta questa cifra, anzi per tutti gli anni'90 gli internati erano stati meno di 1000. La crescita attuale è l'esito di diversi fattori: nasce certo dalle politiche recenti di crescita della carcerazione da un lato e impoverimento dei servizi sanitari e sociali dall'altro, ma è anche il frutto dell'aver lasciato a se stesso, com'è nel costume politico italiano, il processo di riforma degli Opg messo in opera sia dalla Corte Costituzionale che da diversi decreti di attuazione delle norme sul Servizio sanitario nazionale. Con una ventina di sentenze emesse in gran parte dopo la legge 180, la Consulta ha infatti cancellato alcuni degli automatismi più aberranti del Codice Rocco che nel 1932 aveva disegnato gli Opg, è intervenuta sui canali di alimentazione di questi istituti e sui meccanismi di uscita. Queste sentenze, insieme alla legge 180 e alle norme sul passaggio della sanità penitenziaria al Servizio sanitario nazionale, hanno creato da tempo le condizioni per ridurre i nuovi ingressi e portare a poche centinaia il numero degli internati. Invece gli internati crescono, e le aberrazioni giuridiche continuano anche quando la legge consente di evitarle.

Un esempio: 380 internati sono trattenuti illegalmente. Si tratta di persone che hanno concluso la misura di sicurezza e sono state dichiarate non più «pericolose», eppure il giudice rinnova la misura perché i servizi di salute mentale non vogliono o dicono che non possono prendersi cura di questi loro cittadini, oppure non rispondono alla lettera del magistrato, il quale pigramente rinnova la misura. Il Comitato Stop Opg ha chiesto di conoscere la geografia di questi internamenti illegali per poter contattare le Asl, offrire collaborazione e suggerire le modalità di accesso ai fondi, che la metà delle regioni neppure hanno chiesto, per costruire progetti individualizzati di riabilitazione.
Altro esempio. Oltre la metà degli internati ha commesso «reati bagatellari», - alterchi, minacce, piccoli danneggiamenti - che implicherebbero pene inferiori ai due anni e sono stati perciò condannati alla misura di sicurezza di durata più bassa, cioè due anni (all'opposto, a meno del 20% degli internati è stata inflitta la misura di durata più alta in quanto autori di reati gravi come l'omicidio). Dunque una buona metà degli internati, senza il giudizio di non imputabilità, avrebbe probabilmente avuto una carcerazione più breve. Questa è certo una scandalosa iniquità del codice penale, ma la Corte Costituzionale è intervenuta più volte su questo punto, l'ultima nel 2003 quando ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 222 del codice penale «nella parte in cui non consente al giudice di adottare, in luogo del ricovero in Opg, una diversa misura di sicurezza prevista dalla legge, idonea ad assicurare adeguate cure dell'infermo di mente e a far fronte alla sua pericolosità sociale». Questa sentenza chiarisce anche che la misura di sicurezza può essere «la libertà vigilata accompagnata dalla prescrizione di un rapporto stabile e continuativo con il servizio psichiatrico territoriale».

 

Quanta parte degli internati attuali avrebbe potuto evitare l'Opg se i servizi di salute mentale, i giudici di sorveglianza, i poliziotti e i magistrati si fossero messi a lavorare insieme, caso per caso, utilizzando, come si fa in alcune Asl e regioni, le leggi e le risorse esistenti? Bisogna ricominciare a chiedere conto dei «crimini di pace», come li chiamava Franco Basaglia, che oggi fanno più rabbia perché sappiamo cos'altro si potrebbe fare e invece ci ritroviamo a essere ancora testimoni dell'illegalità, della violenza e della morte amministrate dalle istituzioni democratiche in nome della cura e della protezione.
Una questione, a questo punto, sulla politica e sulla sua capacità di produrre e governare innovazioni istituzionali orientate al rispetto dei diritti. Abbiamo avuto una riforma, la 180, criticata in quanto non graduale, «violenta», nella scelta di chiudere il manicomio. Abbiamo sotto gli occhi il processo graduale che ha riformato gli Opg. Ma in un caso e nell'altro abbiamo una politica che poco o nulla ha fatto per promuovere il riorientamento delle istituzioni sulle nuove norme e per scoraggiare la persistenza delle vecchie attitudini e di comportamenti ai margini della legalità. Avrà ben poco esito una riforma organica degli Opg se la politica non saprà riformarsi.

Report Convegno al Senato sugli Ospedali Psichiatrici Giudiziari

10-06-2011. Si è svolto ieri 9 giugno il convegno sugli OPG, organizzato dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio Sanitario Nazionale presieduta dal senatore Ignazio Marino, al quale è intervenuto anche il Presidente del Senato Renato Schifani.

E’ stato proiettato il video (nella sconvolgente versione integrale), che testimonia le drammatiche condizioni di vita all’interno degli OPG, girato in occasione delle ispezioni senza preavviso compiute dalla Commissione.

Quindi, dopo gli interventi del Senatore Marino e della Senatrice Poretti, sono stati rappresentati i diversi “punti di vista”, con gli interventi di operatori degli OPG, Magistratura di sorveglianza, Amministrazione Penitenziaria, Ministero della Salute, Dipartimenti di Salute Mentale, Comunità terapeutiche, “Società civile”. Il convegno è stato concluso dai Senatori Bosoni e Saccomanno, incaricati di redigere la relazione conclusiva della Commissione parlamentare sulla situazione degli OPG e della salute mentale nel nostro paese

Hanno partecipato anche diverse organizzazioni promotrici di “stop opg” , che hanno rappresentato con forza le ragioni e le proposte per l’abolizione degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari..

In  particolare, sono intervenuti: Stefano Cecconi (CGIL), Giovanna Del Giudice (Forum salute mentale), Bruno Benigni (Forum Salute e Carcere), Franco Corleone (Garanti territoriali dei detenuti) Maria Grazia Giannichedda (Fondazione Basaglia ), Girolamo Digilio (Unasam),Dario Stefano Del'Aquila (Antigone), Giorgio Bignami (Forum Droghe), don Giuseppe Insana. Hanno tutti ribadito che le condizioni inaccettabili cui sono costretti nostri concittadini in simili strutture, e le condizioni drammatiche in cui devono lavorare gli operatori, impongono di agire con la massima urgenza. E che non basta dichiarare di voler chiudere gli OPG: bisogna costruire misure di assistenza alternative e intervenire anche sulle drammatiche condizioni delle carceri, dove va completato il trasferimento dell’assistenza sanitaria al Servizio Sanitario Nazionale. Anche le pratiche positive, che alcune realtà offrono agli internati percorsi di assistenza e di inserimento sociale alternativi all’OPG - e per migliorare le condizioni di vita al loro interno – devono avere come sbocco l’abolizione di questo istituto. Il nostro obbiettivo non è ottenere “un buon OPG”. Proprio ciò che sta accadendo conferma l’urgenza di porre fine all’esperienza di queste strutture, destinate a riprodurre - per la loro natura - disagio, sofferenza e devianza. Gli OPG vanno aboliti, perché sono una risposta sbagliata e incivile, come lo erano i manicomi.

Infine, le organizzazioni di “stop opg” hanno chiesto alla Commissione d’inchiesta di mantenere aperto il confronto e di coinvolgere Governo, Regioni e Comuni, per definire una “road map” per l’attuazione delle norme (e delle sentenze della Corte Costituzionale) che già prevedono il superamento degli OPG nel nostro paese, come ideale completamento della Riforma Basaglia. 

 

I MANICOMI GIUDIZIARI? SONO LAGER DIMENTICATI di Umberto Veronesi

di Umberto Veronesi
Direttore Scientifico Istituto Europeo di Oncologia, Milano

I MANICOMI GIUDIZIARI? SONO LAGER DIMENTICATI

Venticinque associazioni hanno lanciato una campagna per la chiusura degli
ospedali psichiatrici giudiziari. si riuscirà ad abolire Questi luoghi in cui gli internati
vivono in condizioni disumane? Ermanno F., Arezzo

Quando l’anno scorso la Commissione d’inchiesta del Senato, presieduta da Ignazio Marino, rese nota l’indagine effettuata nei sei ospedali psichiatrici giudiziari, fu un vero choc: malati nudi legati al letto e lasciati tra gli escrementi, pochissime cure mediche, grande uso dei farmaci neurolettici che hanno in pratica sostituito la camicia di forza. Sui circa 1.300 ricoverati tenuti in queste condizioni disumane, più di un quarto avrebbe potuto essere dimesso subito, perché costoro avevano scontato la pena ed erano stati giudicati «non più socialmente pericolosi». E invece sono ancora lì, e tutti gli altri non progrediscono verso un recupero, ma affondano nella degradazione. Le dimissioni continuano a essere spostate arbitrariamente, tanto che si parlò, giustamente, di “ergastoli bianchi”. Ebbene, io credo proprio che sia arrivato il momento di dire basta, e spero che la mobilitazione in corso (alle 25 Associazioni coinvolte continuano ad aggiungersene altre) sia il segno che l’opinione pubblica si è risvegliata, e non è più disposta a tollerare ritardi e giustificazioni. Di giustificazioni non ce ne sono. È del 2008 un decreto della presidenza del Consiglio dei ministri che prevedeva il trasferimento degli ospedali giudiziari dal ministero della Giustizia a quello della Salute, richiesta che avevo già avanzato io stesso nel 2001, quando ero ministro.
Sono stati stanziati fondi alle Regioni, perché prendano in carico il reinserimento sociale di queste persone e approntino strutture di sostegno, ambulatori, appartamenti protetti. Insomma: è ora di sondare a fondo la questione, di constatare se si è ottemperato alle richieste.
A questo punto, è tragica ironia chiamare “ospedali” questi luoghi ai quali la società affida l’unico compito di segregare gli indesiderabili. Ed è pura vergogna per i medici e la scienza medica non rifiutarsi di prestare la propria opera in queste condizioni, senza quasi per nulla curare. E infine, affianchiamo tutti questo movimento di dignità e di umanità: come recita lo slogan della campagna, «è pazzia non occuparsene».

Se questo è un ospedale

giovedì 9 giugno 2011 dalle 09.00 alle 18.00
Sala Zuccari, Senato della Repubblica, Palazzo Giustiniani
Via della Dogana Vecchia, 29, Roma 

Giornata di lavoro sugli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG) convocata dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sull’efficienza e l’efficacia del Servizio sanitario nazionale presieduta dal Senatore Ignazio Marino. Sono state invitate anche tutte le associazioni di “stopopg”, che interverrà con due comunicazioni .

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